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I primi allevamenti intensivi nacquero per caso…
Siamo negli Stati Uniti, nel 1926 per la precisione, e un agricoltore riceve per errore una squadra di 450 pulcini.
Quello che fece in seguito cambierà per sempre le sorti dell’allevamento degli animali.
Infatti, invece di rispedirli al mittente data l’esigua grandezza della sua fattoria, li tenne con sé e scoprì una cosa molto interessante.
Scoprì che quei pulcini, potevano sopravvivere e riprodursi velocemente anche in pessime condizioni di vita.
In seguito, oltre al pollame, questa nuova idea di allevamento spinse gli allevatori a testarla con suini e bovini.
Ad oggi vengono allevati 70 miliardi di animali, e di questi, due terzi provengono da allevamenti intensivi.
C’è una cosa da dire però: gli allevamenti intensivi, nati per caso, si diffusero in modo così deciso per rispondere alla crescita continua della domanda.
E se da un lato permettono di sfamare una bella fetta di popolazione, dall’altro abbiamo che la carne derivata da questo tipo di allevamenti intensivi, è una carne debole, povera sotto tutti i profili nutrizionali.
Vediamo perché…
I primi problemi degli allevamenti intensivi
Proseguiamo il nostro viaggio nella storia degli allevamenti intensivi.
Dopo l’avvento di questo nuovo tipo di allevamento, negli anni seguenti, sorse un problema…
I bassi standard igienici di quei poveri animali sempre ammassati e in condizioni pietose, favorirono il diffondersi di alcune malattie e malformazioni che colpivano parte degli allevamenti intensivi.
Immagina la scena…
Pollame sotto luce artificiale per tutto il giorno e la notte, costretto a mangiare a ogni ora pur di crescere più velocemente.
Ammassato tutto insieme senza un minimo di spazio e di respiro, nessuna ricostruzione del suo habitat naturale (ad esempio paglia, terra, fieno), bensì cemento nudo.
In queste pessime condizioni, oltre a sviluppare problemi alle zampe dovute al suolo innaturale e al non essere liberi di muoversi, si diffusero diversi tipi di malattie respiratorie, intestinali e all’apparato scheletrico.
Per correre ai ripari, gli allevatori iniziarono a usare potenti antibiotici per preservare le condizioni del bestiame tenuto in cattività nei loro allevamenti intensivi.
Problema risolto, penserai…
Non proprio, scopriamo il perché.
L’antibiotico resistenza: un pericolo anche per l’uomo
Come somministrare l’antibiotico?
Beh, se pensi che l’animale malato venga messo in quarantena e curato a dovere, ho una brutta notizia da darti.
Purtroppo negli allevamenti intensivi niente di tutto questo avviene.
I grandi allevamenti intensivi sono simili a campi di concentramento, solitamente hanno gli spazi contati e il più delle volte non c’è il tempo materiale per operazioni di questo tipo.
Cosa fare quindi?
Ci sono 2 alternative.
La cosa più semplice quando si ha a che fare con un grande allevamento intensivo, è quello di somministrare l’antibiotico attraverso la somministrazione metafilattica.
Ovvero si somministra l’antibiotico attraverso il mangime o l’acqua in modo da curare l’animale malato, ma allo stesso tempo proteggere tutti gli altri.
Una seconda strada, più pericolosa, è somministrare l’antibiotico per uso profilattico.
Con questa operazione, si somministra l’antibiotico a tutti prima ancora che manifestino segni di malattia.
Straordinario penserai…
Non proprio.
Il problema di questo tipo di somministrazione, è che genera un abuso di farmaci e cosa peggiore, rischia di rendere gli antibiotici inefficaci anche per l’uomo (molto spesso si usano gli stessi per eliminare batteri che danno problemi anche all’uomo).
Inoltre i batteri che riescono a sopravvivere ai cicli infiniti di antibiotico, formano dei ceppi super resistenti e diventano immuni a tantissimi antibiotici, tanto da diventare imbattibili sia nell’animale che nell’uomo.
Purtroppo gli antibiotici che abbiamo a disposizione per curare le infezioni, non sono infiniti.
E ci sono già casi di epidemie (vedi quello che sta succedendo adesso in Toscana) dove il batterio patogeno è capace di resistere a tutti gli antibiotici che abbiamo a disposizione al momento.
Il pericolo più grande è proprio la selezione di questi batteri super-resistenti, che si sono ritrovati anche in popolazioni di animali selvatici, che diventano un rischio mortale per le persone con un sistema immunitario più debole come bambini e anziani.
E di quest’anno è l’indagine di Altroconsumo che ha trovato proprio i batteri antibiotico resistenti in 42 campioni di carne di pollo da allevamenti intensivi.
Non dimentichiamoci infine che il letame dell’animale contiene parte di quegli antibiotici che contribuiscono alla contaminazione ambientale di corsi d’acqua e terreni.
Ma c’è di più…
Un danno per l’uomo e per l’ambiente
Un altro grave problema imputato all’allevamento intensivo, è l’impatto ambientale.
Si stima infatti che un quarto della superficie del nostro pianeta sia dedicata solo all’allevamento e alla produzione di mangimi.
Senza contare che secondo uno studio della FAO risalente al 2011, le emissioni di gas serra dovute all’agricoltura e all’allevamento intensivo, sono passate a 5,3 miliardi di tonnellate di CO2 (Biossido di Carbonio).
Le emissioni di gas serra ovviamente sono dovute in parte dalle attività umane, dal continuo disboscamento per creare nuove coltivazioni di mangime, dai gas dovuti alla produzione di latte, uova e formaggi.
Ma soprattutto dalle emissioni generate dai bovini degli allevamenti intensivi.
E quel che è peggio, è che il dato continua ad aumentare di anno in anno a causa della sempre maggiore richiesta di carne.
Oltre alle emissioni, contiamo anche quanti ettari di foresta all’anno vengono rasi al suolo per fare spazio agli allevamenti.
Stiamo distruggendo il nostro pianeta pezzo per pezzo pur di non trovare una soluzione alternativa.
E quale sarebbe la soluzione alternativa?
I vantaggi per l’animale di pascolare liberamente
Bella domanda…
Purtroppo provare a dare una soluzione a questa domanda non è affatto facile.
In primis perché rischieremmo di aprire un dibattito infinito su soluzioni ipotetiche per gli allevamenti intensivi e l’etica.
Ti posso però dire quello che noi facciamo nel nostro locale.
Se hai letto il nostro articolo sui vini, saprai sicuramente che noi siamo ben attenti a tenere le distanze dalle logiche intensive.
Preferiamo infatti scegliere produttori locali e allevamenti etici per 2 semplici motivi.
Il primo riguarda il benessere dell’animale.
Gli allevamenti etici che scegliamo, hanno a cuore sia l’ambiente che gli animali.
Sono aziende ecosostenibili che non usano prodotti nocivi per l’ambiente, che spesso utilizzano elettricità derivante da fonti rinnovabili, e che dispongono di terreni dove l’animale è libero di pascolare sotto la naturale luce solare.
Questo è un enorme vantaggio perché pascolando liberamente tutto il giorno, essi si rafforzano, garantendo una carne sana.
Al contrario di quei poveri animali ammassati, che non possono muoversi liberamente con il risultato finale di una carne più grassa e malata.
Questo in fondo succede perché l’allevamento intensivo spezza il legame naturale tra animale e ambiente.
Solo allevamenti etici di cui conosciamo la storia
Il secondo motivo invece è perché ci piace conoscere e visitare in prima persona queste meravigliose persone che lavorano in modo etico e responsabile, ma soprattutto con passione.
Sì, proprio così…
Sono persone coraggiose che scelgono nei loro allevamenti etici di dedicarsi a produzioni limitate ma dalla grande qualità.
E il risultato finale è che puoi gustare una carne sana e nutriente.
Se questa sia la soluzione più giusta non spetta a noi dirlo. So però che allevamenti etici di questo tipo preservano la salute e le condizioni di vita necessarie allo sviluppo naturale dell’animale.
Inoltre riducendo al minimo l’impatto ambientale, fanno la loro parte per cercare di preservare un futuro per i nostri figli.
Per noi questa è la soluzione ideale, perché ci assicura di portare in tavola un prodotto di ottima qualità e dal gusto eccezionale.
Vogliamo veramente alimentare questo massacro?
Voglio inoltre concludere lasciandoti il link di un’intervista che ho letto di recente, ed è il motivo che mi ha spinto a scrivere questa lunga riflessione sul perché dobbiamo evitare gli allevamenti intensivi.
Lei si chiama Rooney Mara, è un’attrice e attivista inglese per i diritti degli animali.
A fianco dell’organizzazione Animal Equality ha aiutato a condurre un’inchiesta sotto copertura all’interno di 2 allevamenti intensivi in Gran Bretagna.
Lì, in quegli allevamenti intensivi, ha visto con i suoi occhi tutto l’orrore a cui sono sottoposti gli animali.
Piccole anime rinchiuse in veri e propri campi di concentramento con il solo scopo di produrre fino ai limiti estremi.
Lì dentro, la vita non ha nessun valore.
A me personalmente ha sconvolto parecchio leggere fin dove ci siamo spinti con gli allevamenti intensivi (e con tutto il progresso che abbiamo ora), per diventare dei veri e propri mostri.
E sono fiero di avere scelto, per il Melograno, la via degli allevamenti etici.
Tu cosa ne pensi?